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BCE lascia tassi interesse a 0%. TLTRO-III per sostenere economia UE

Da:
Fabio Carbone
Pubblicato: Mar 7, 2019, 14:27 GMT+00:00

La BCE lascia i tassi di interesse invariati per tutto il 2019 almeno. In arrivo TLTRO-III da settembre 2019 per sostenere le banche europee e il credito. Ci sono rischi per una nuova crisi economica?

BCE

La Banca Centrale Europea (BCE) lascia il tasso di interesse principale invariato allo 0%, quello sui prestiti marginali allo 0,25% e quello sui depositi a -0,40%. Una decisione che i mercati si attendevano, così come si attendevano la decisione della BCE di confermare i tassi di interesse a questi livelli per tutto il 2019.

Ma i tassi di interesse potrebbero restare invariati anche nel 2020, per consentire all’inflazione di restare “su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine”.

La BCE approva il rifinanziamento TLTRO-III

La riunione di politica monetaria della BCE di oggi, decide di approvare il TLTRO-III, con una nuova serie di operazioni trimestrali mirate di rifinanziamenti a più lungo termine.

I TLTRO-III partiranno a settembre 2019 e termineranno nel mese di marzo 2021, con una scadenza di due anni.

La misura servirà a conservare le favorevoli condizioni di prestito bancario attualmente presenti e per garantire la regolare trasmissione della politica monetaria.

La conferenza stampa di Mario Draghi

Il presidente della BCE Mario Draghi si è presentato alla conferenza stampa al termine della riunione di politica monetaria all’Eurotower, confermando quanto già scritto nel comunicato stampa successivo alla riunione.

Il Pil europeo del 2018 è dello 0,2% per ciascun trimestre e resterà basso anche in futuro, in particolare a causa di una manifattura che riceve pochi ordini dalla domanda esterna, a causa di fattori globali. Lo dice Draghi durante la conferenza stampa a Francoforte.

Mario Draghi rivede al ribasso anche l’outlook dell’area UE, su di esso gravano fattori interni e fattori esterni come la già nota guerra sui dazi doganali, e altre incertezze geopolitiche che derivano anche dai mercati emergenti.

All’Europa e all’Italia servono stimoli dice l’OCSE

La decisione di oggi era già nell’aria e le parole di Draghi non aggiungono alcuna novità a una situazione economica europea già nota da tempo.

L’OCSE, che oggi ha presentato a Parigi l’Interim Economic Outlook, afferma che l’Europa ha bisogno di uno stimolo fiscale che non c’è.

Per scriverlo con parole diverse, il problema emerso dieci anni fa con la crisi del 2008 è stato solo rinviato di un decennio ma eccoci di nuovo qua.

Ed ovviamente i paesi più deboli e che scontano decenni di mala gestione della cosa pubblica, soffrono più degli altri. Tra questi paesi mal gestiti, c’è l’Italia, che secondo l’OCSE nel 2019 avrà un Pil negativo del -0,2%. E non a causa di un governo di oggi, ma di una mala gestione lunga decenni, a cui si aggiungono fattori congiunturali che vanno oltre l’Italia, che colpiscono l’Europa e anche la Cina come scritto solo pochi gironi fa, e che riguardano direttamente quegli USA che hanno scatenato una nuova fase protezionista globale.

Tra l’altro oggi è stato pubblicato il Beige Book dalla Fed che accusa lo shutdown, voluto da Trump, di aver rallentato l’economia americana.

Il rischio di una nuova crisi profonda?

Non va negato, sì c’è il rischio di una nuova crisi profonda. L’OCSE alcuni giorni fa ha presentato il report sui Corporate Bond, ce ne sono 13 mila miliardi in scadenza nei prossimi tre anni. Rischiano di investire come una enorme valanga l’intera economia.

Ma non è l’unico elemento, ma uno tra i tanti che si aggiunge.

Le restrizioni commerciali fanno più male che bene

L’OCSE lo mette per iscritto nero su bianco, le restrizioni commerciali, i dazi, il protezionismo, fanno male all’economia.

Da qui l’appello dell’OCSE ad intensificare il dialogo ed a trovare intese internazionali di ampio respiro affinché si evitino le “restrizioni commerciali”, perché arrecano danno in particolare alle famiglie con basso reddito scrive sempre l’organo internazionale.

La liberalizzazione, all’opposto, potrebbe rappresentare un vantaggio per tutte le economie.

Ci vuole unità, anche sulla Brexit, e non divisione.

Uniti si cresce, divisi ci si impoverisce.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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