Il Petrolio è alle stelle dopo l’attacco alle raffinerie saudite che hanno causato lo stop alla metà della produzione dell'Arabia Saudita. Le conseguenze sul prezzo del greggio.
Le prime conseguenze dell’attacco con droni alle principali raffinerie dell’Arabia Saudita si sono visti oggi all’apertura dei mercati europei e mondiali in generale. Il prezzo del petrolio è salito repentinamente.
Il prezzo del brent è su del +10,56% (+6,36 USD) a 66,58 USD, contro la chiusura precedente a 60,22 USD.
Segue a ruota il prezzo del Wti che vola a 59,7 USD in aumento del +8,87% rispetto alla chiusura precedente di 56,56 USD. Ma il prezzo in apertura era salito sopra i 60 USD, toccando il massimo di giornata a 63,47 USD.
Se guardiamo le performance a un anno, notiamo che il prezzo del petrolio è in netto calo: il Wti di oltre il -17% e il Brent di oltre il -28%. Gli aumenti, quindi, sono solo causati dalle tensioni che in questi ultimi mesi si sono moltiplicate nell’area del Medio Oriente. Ricordiamo la nave petrolifera iraniana bloccata dal Regno Unito a Gibilterra perché destinata al rifornimento di Damasco. E ancora le rappresaglie dell’Iran con i sabotaggi alle petroliere saudite nel Golfo Persico, e il tentativo di sequestrare una petroliera del Regno Unito andato a vuoto.
L’Arabia Saudita aveva inizialmente minimizzato l’attacco alle due raffinerie di Abqaiq e di Khurais, due tra le più grandi raffinerie al mondo, la cui produzione giornaliera totale supera gli 8 milioni di barili prodotti.
La verità dei fatti è che l’attacco condotto con droni da parte dei ribelli houti dello Yemen, ha inferto lo stop alla quasi totalità della produzione degli impianti.
Riad deve quindi compensare i 5,7 milioni di barili giornalieri non prodotti attingendo alle scorte di riserva.
Da notare anche che, 5,7 milioni di barili rappresentano più della metà dell’intera produzione del paese saudita, ma anche il 5% della produzione mondiale di petrolio. Questo fa comprendere quanto l’attacco messo a segno abbia inciso sul settore petrolifero globale.
Non sarà comunque un problema per Riad attingere almeno per un po’ alle riserve strategiche, perché a giugno esse ammontavano a 188 milioni di barili.
Secondo l’Arabia Saudita e secondo gli Stati Uniti di Donald Trump, dietro gli attacchi non ci sarebbero gli yemeniti ma l’Iran. Questi ultimi avrebbero armato i primi per compiere l’attentato.
Donald Trump ne è convinto e via Twitter si dice pronto e carico per reagire a quanto avvenuto nelle raffinerie saudite.
Gli USA attendono le verifiche dell’Arabia Saudita, ma sono più che convinti di chi sia la mano che si è nascosta dietro gli attentati con droni alle raffinerie di Abqaiq e di Khurais.
Il Segretario di Stato Mike Pompeo si spinge anche oltre le dichiarazioni di Trump, egli afferma che non ci sono prove evidenti che i droni siano giunti dallo Yemen, quindi essi potrebbero essere giunti direttamente dal territorio iraniano.
Ma il ministro degli Esteri iraniano respinge categoricamente le accuse di essere il mandante e anche l’esecutore di questi attacchi alle raffinerie saudite. Al portavoce Abbas Mussavi il compito di riferire la versione ufficiale del governo saudita: “Queste accuse ed affermazioni inutili e cieche sono incomprensibili e prive di senso”.
Già ad agosto si era verificato un altro attacco con droni alle raffinerie saudite.
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.