Il Fondo Tudor investe in Bitcoin Futures. Le criptovalute usate per combattere l’inflazione esponenziale generata dal quantitative easing delle banche centrali.
Il problema è semplice e chiaro, le banche centrali di tutto il mondo hanno deciso di combattere la crisi economica scatenata dalla pandemia con l’ultima arma che gli è rimasta: la stampa della carta moneta creando liquidità in eccesso.
E ne stanno stampando in quantità enorme. Secondo Paul Tudor, il fondatore dell’omonima Tudor Investment Corp., da febbraio a oggi è stato stampato un quantitativo di valuta fiat pari al 6,6% del prodotto interno lordo mondiale: 3,9 triliardi di dollari.
Immaginiamo le stamperie molto affaticate.
Ma, dice, il grande investitore Tudor, “stiamo assistendo alla Grande inflazione monetaria” e non la considera affatto un bene.
La soluzione? Secondo lui una possibilità sono i Bitcoin futures, che il suo fondo già detiene in una piccola percentuale a una cifra.
…Lo ha ammesso, un grande fondo, uno di quei longevi hedge fund degli anni ‘80 (è nato esattamente nel 1980), sta investendo nelle criptovalute. Certo in uno strumento derivato, ma non è certo un passaggio da poco se si considera che investire al dettaglio nel bitcoin per un grande fondo regolamentato potrebbe tramutarsi in un problema legale in alcune giurisdizioni come gli USA.
La questione è quindi l’inflazione e contro di essa gli investitori devono difendere i propri portafogli… Già, ma come fare?
In cosa investo? Investo comprando oro? Compro titoli di stato? Compro altre materie prime preziose? Magari faccio tutto questo e in aggiunta investo in Bitcoin Futures, se proprio non posso direttamente acquistare la criptovaluta al dettaglio.
E secondo le informazioni rivelate da Bloomberg, Mr. Tudor ha fatto proprio così, ha pensato bene di introdurre nel vasto portafoglio del suo hedge fund anche i futures sul bitcoin.
Mr. Tudor ha paragonato il bitcoin all’oro nel 1976 e come allora egli crede che il bitcoin oggi possa essere quell’ancora di salvezza per gli investitori.
Pur egli rimanendo comunque un fermo investitore nel metallo prezioso, tanto da spingersi a predire per quest’ultimo un rally fino a 2.400 USD a oncia e addirittura a 6.700 USD se “dovessimo tornare agli estremi del 1980”, ha scritto Tudor.
Nell’immediato i prezzi dei beni e dei servizi difficilmente aumenteranno perché vi è stato un crollo nella domanda, ragiona mr. Tudor (anche se in alcuni casi invece i prezzi dei prodotti sono saliti), ma sul lungo periodo il Fed non potrà mantenere in alcun modo i prezzi dei beni bassi.
E poi ragiona ancora. Lo US Fed sarà in grado in una fase successiva, e cioè quando sarà possibile aumentare i tassi di interesse, di “risucchiare” tutti i soldi che ha stampato durante la crisi economica?
E terzo punto su cui ragiona il grande investitore americano: i debiti. Gli Stati Uniti hanno un debito pubblico e privato che sta esplodendo (in realtà questo problema lo ha da tempo anche la Cina) e tale condizione potrebbe rendere più complicato per l’economia riassorbire gli aumenti dei costi di indebitamento.
Oltre ai bitcoin futures, mr. Tudor suggerisce un ritorno alle teorie monetariste di Milton Friedman e il ritorno alla vecchia scuola degli indicatori come l’offerta di moneta M2.
Sarà quindi una combinazione di ritorno al passato e di proiezione verso il futuro (bitcoin) a salvare l’economia mondiale post-Covid-19?
Staremo a vedere, intanto per approfondire le parole di Mr. Tudor rimando all’articolo del The Block.
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.