Bitcoin, gli investitori istituzionali ci credono e preferiscono tenerlo piuttosto che venderlo. Lo rivela uno studio che mostra la crescita dei Bitcoin Futures.
Da uno studio pubblicato dall’exchange russo ZUBR, risulta che gli investitori istituzionali interessati al bitcoin tendono a investire sui futures ma hanno anche la tendenza a lasciare le posizioni aperte e a non chiudere in base a come fluttua il prezzo di bitcoin.
Lo studio pone in contrapposizione l’attività che gli investitori istituzionali compiono sulla Borsa merci di Chicago (CME) e sulla piattaforma Bakkt in particolare e quanto gli investitori retail fanno sugli exchange non regolamentati. I primi tendono ad avere un maggior numero di open-position, i secondi preferiscono aprire e chiudere posizioni in base all’andamento del valore di BTC.
Da ciò ne deriverebbe, quindi, una maggiore tendenza all’investimento di lungo periodo da parte degli istituzionali, e un atteggiamento maggiormente speculativo da parte dei retail ai quali interesserebbe principalmente fare guadagni rapidi sull’alta volatilità delle criptovalute.
Quello che questo studio verifica, è che gli istituzionali hanno mantenuto un numero maggiore di posizioni aperte, in particolare su CME e su Bakkt, anche durante il famoso giovedì nero (12 marzo 2020) quando si verificò un impressionante sprofondamento del prezzo di BTC e di tutti i crypto asset.
Seppur presto per dire che c’è un interesse generalizzato da parte degli investitori istituzionali nei confronti delle criptovalute, si può dire, afferma lo studio di ZUBR, che gli istituzionali interessati mostrano in questi mesi del 2020 “un chiaro interesse a lungo termine” per BTC “sugli scambi regolamentati che non è stato vista prima”.
A indicare questa tendenza il rapporto tra open-position e il volume di trading.
Lo studio afferma anche che nonostante ci siano caratteristiche differenti anche significative da exchange a exchange, cresce quello nei confronti degli exchange regolamentati. In particolare sono gli hedge fund a investirvi e altre tipologie di investitori top.
Che vi sia un interesse crescente degli istituzionali lo indica anche la verifica del volume di trading tra maggio (il mese migliore dell’anno in termini di volume) e agosto 2020. Mentre sugli exchange di criptovalute non regolamentati il volume è crollato significativamente (OKEx -15%; Binance -25%; Huobi -26%), su Bakkt è aumentato del +119% e su CME del +54%.
In termini di volume, da gennaio ad agosto 2020, i bitcoin futures hanno superato i 3 trilioni di dollari, un vero record consolidato dal volume mensile pari a 378 miliardi di media che equivale al 60% in più rispetto al volume medio di scambio del 2019.
Se ad inizio anno si verificava una maggiore propensione all’investimento nei futures di bitcoin, ora si è verificata una completa inversione della tendenza. Gli istituzionali su CME e Bakkt preferiscono la consegna “fisica” di bitcoin rispetto ai futures regolati in contanti. Il volume di scambio di bitcoin “fisici” su Bakkt, nel mese di agosto, è schizzato a +72% fa notare la ricerca.
Quello che si può desumere da questo studio è che gli investitori istituzionali attratti dai crypto asset investono in bitcoin essenzialmente, e quando lo fanno hanno una prospettiva di lungo termine.
Sono forse più ottimisti degli investitori retail? Forse la questione è nell’approccio. Gli istituzionali hanno solitamente una strategia ampia in cui svolgono una serie di investimenti su tanti asset e attraverso numerosi strumenti finanziari.
In questa ampia strategia le criptovalute sono diventate, per gli istituzionali, un asset interessante in cui investire una parte dei fondi.
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.