Leggi come investire in Biodiversità quale tema di investimento appena germogliato tra i trend di investimento finanziario. Scopri gli ETF biodiversità disponibili.
Da un paio di settimane abbiamo avviato un mini ciclo di articoli di approfondimento per parlare di cambiamento climatico e come investire per sostenere la trasformazione traendone anche un vantaggio economico. Dopo aver scritto anche di investimenti in cattura della CO2, in questo terzo articolo parliamo di come investire in biodiversità considerandolo un vero e proprio tema di investimento da non sottovalutare.
Infatti, se qualcuno ti dicesse che la metà del PIL mondiale dipende dalla biodiversità e quindi anche la sopravvivenza della metà dei tuoi investimenti quale reazione avresti? Questo lo ha calcolato il World Economic Forum, come riportato da Morningstar.
Ecosistemi sani garantiscono la metà dell’economia mondiale e senza di essa andrebbero in fumo gran parte anche dei nostri soldi. Dell’impatto del cambiamento climatico sull’economia globale e locale ne avevamo discusso già nell’ottobre del 2019 in un approfondimento separato, ora vediamo perché investire in sani progetti a favore della biodiversità conviene.
Prima di considerare la biodiversità un tema di investimento è importante capire cos’è la biodiversità.
Secondo l’Enciclopedia Treccani per biodiversità si intende la “variabilità tra gli organismi viventi all’interno di una singola specie, fra specie diverse e tra ecosistemi”.
Mentre per quanto riguarda la sua importanza, “consiste nel ruolo che la biodiversità riveste nel mantenere l’equilibrio dinamico della biosfera, contribuendo anche a governare i cicli biogeochimici e a stabilizzare il clima”.
Insomma, squassare la biodiversità e sovvertirne i ritmi o provare a sperimentare l’introduzione di esseri viventi in luoghi dove non avevano mai vissuto prima, significa alterare in modo imprevedibile il futuro.
Immagina, ad esempio, se all’industria agroalimentare venisse in mente di trasferire l’intera coltivazione di vegetali, atti al consumo umano, dalla terra a immensi capannoni industriali dove il sole viene sostituito dalla luce artificiale. Non è difficile immaginare il panorama che ne seguirebbe, composto da campagne riempite di capannoni in cemento, interscambio CO2/ossigeno delle piante con l’ambiente circostante completamente sballato, zero fiori, estinzione degli insetti impollinatori (api, farfalle)… e così via.
Una volta lo avremmo definito “discorso da ambientalisti”, invece, oggi è un discorso che interessa il portafoglio di tutti gli investitori: la biodiversità vale la metà del PIL globale.
Secondo un analista di Morningstar che fa ricerca in ambito ESG, Thijs Huurdeman, tutti gli investitori che si ritroveranno con un portafoglio di investimenti fortemente esposto ai rischi legati alla biodiversità, vedranno a un certo punto “la loro esposizione al rischio concretizzarsi in una sofferenza finanziaria”.
Huurdeman pensa a tutte quelle aziende legate al settore alimentare che attuano pratiche contrarie alla preservazione della biodiversità. Le autorità di regolamentazione e le scelte dei consumatori obbligheranno tali imprese a fermarsi: stop uso eccessivo di pesticidi; stop deforestazione.
Ecco qui il ruolo, ancora una volta positivo, del settore finanziario. Le scelte giuste possono far giocare agli investitori un ruolo attivo nel dirigere le imprese verso piani industriali rivolti alla crescita, ma sostenibile e rispettosa della biodiversità.
Il settore finanziario gestisce le borse di denaro necessarie alle imprese per finanziare la loro crescita, quindi gli investitori possono in un certo senso “educare” le imprese a fare scelte imprenditoriali volte a rispettare la biodiversità.
La finanza può plasmare un nuovo approccio trasformando “il modo in cui alloca il capitale alle imprese e sviluppando nuovi modelli per valutare in maniera più accurata i rischi e le opportunità legati alla biodiversità”, ha affermato Laurent Ramsey del Gruppo Pictet come riportato da Morningstar.
Siamo abituati a strategie di crescita delle imprese e del loro capitale super efficienti per massimizzare i risultati finali. Ebbene questo modello spesso è a scapito della biodiversità e va in molti aspetti radicalmente rivisto.
Per favorire il cambio di paradigma è nato il progetto di ricerca Finance to Revive Biodiversity (FinBio) dell’Università di Stoccolma e di cui Pictet asset management è partner. Il progetto si occupa di sviluppare ricerche a supporto del settore finanziario per cambiare i modelli attuali e garantire alle aziende un futuro di crescita ma nel rispetto della biodiversità che la circonda.
La sfida per una finanza più amica della biodiversità risiede nella carenza di dati di valutazione. Mancano dati affidabili, così come mancano degli standard che possano essere ritenuti condivisibili da più attori.
Come si fa, infatti, a misurare economicamente il “guadagno netto della biodiversità” e gli eventuali progressi compiuti o le perdite?
Servono misurazioni standardizzate e replicabili in ogni zona geografica e che possano essere sottoposte ad audit esterni di verifica.
Per fare un esempio concreto. Possiamo sapere benissimo quanti alberi sono stati abbattuti in una determinata area geografica da una multinazionale dell’agricoltura per fare posto a nuove coltivazioni intensive, ma è molto più complicato collegare numericamente l’impatto della perdita di biodiversità all’azienda che lo ha causato con la sua azione.
Robeco ci ha provato a sistematizzare la questione con una sua ricerca che ha dato vita a un modello composto da quattro passaggi, ciascuno dei quali si articola al suo interno tenendo traccia di vari fattori legati all’impatto sulla biodiversità. Tuttavia, Robeco ammette che il modello non è scientificamente perfetto.
Il 19 dicembre 2022 si è conclusa a Montreal in Canada la United Nations Biodiversity Conferece (COP15), da non confondere con la Conferenza ONU sui cambiamenti climatici, che ha portato all’adozione del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (GBF).
Il documento impegna le nazioni aderenti non solo a proteggere gli ecosistemi, ma anche a mettere in campo azioni concrete per ripristinare gli ecosistemi naturali devastati dall’azione dell’uomo e di modelli economici e di crescita distorti e distorsivi.
L’obiettivo è di porre il 30% del pianeta e il 30% degli ecosistemi degradati sotto protezione entro il 2030. Il documento prevede anche finanziamenti alle nazioni in via di sviluppo per sostenerle nel loro sforzo di crescita economica nel rispetto della biodiversità (30 miliardi di dollari all’anno).
Tra i 30 impegni spiccano i 200 miliardi all’anno da mettere sul piatto per la biodiversità da parte del pubblico e del privato. Miliardi da mobilitare per finanziare progetti relativi al mantenimento della biodiversità.
Ma spicca anche la richiesta alle istituzioni finanziarie e alle compagnie transnazionali di monitorare e mostrare in modo trasparente i rischi e gli impatti sulla biodiversità delle proprie operazioni, del portafoglio e ogni altra attività economica svolta. Qui il documento.
Se il tema di investimento della biodiversità è appena agli albori, come investire in biodiversità da early adopter?
In Francia risulta disponibile un fondo pioniere lanciato nel 2008, si chiama PAM Europe Biodiversité C. In Europa tra il 2020 e il 2022 sono stati sviluppati altri ETF legati al tema della biodiversità, tra questi spiccano:
Non tutti gli ETF qui presentati sono a gestione passiva e cioè legati a un benchmark. Il primo della lista che abbiamo citato, ad esempio, è un ETF a gestione attiva in cui è il gestore patrimoniale a scegliere di volta in volta le azioni che devono entrare a far parte del portafoglio e con quale peso.
Investire in biodiversità non è più “roba da ambientalisti”, ma da investitori decisamente interessati a difendere il loro portafoglio finanziario contro ogni rischio sistemico che possa minacciarlo.
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.