Wall Street sprofonda. La svalutazione del renmimbi (yuan) cinese affossa i mercati di tutto il mondo senza risparmiare nessuna Borsa: è guerra valutaria.
Ieri le accuse dirette di Donald Trump via Twitter alla Cina, accusata di fare “manipolazione della valuta”, abbassando il prezzo del renmimbi (yuan) al “minimo quasi storico”.
E nei fatti la svalutazione dello yuan provoca una pioggia di vendite a Wall Street che sprofonda.
Siamo quindi passati dalla guerra sui dazi commerciali per penalizzare i prodotti del Paese concorrente, alla guerra valutaria quale forma di compensazione per i forti dazi imposti dagli USA alla Cina.
Detto in parole povere. Se gli USA aumentano le tasse sull’importazione dei prodotti cinesi, la Cina risponde svalutando lo yuan così da mantenere i prezzi dei suoi prodotti esportati comunque competitivi.
Una mossa che ha infiammato i pollici di Trump, che ha inviato al mondo web tweet infuocati senza risparmiare il governatore dello U.S. Fed Jerome Powell, il quale sarebbe reo di non aver tagliato i tassi d’interesse del dollaro a livelli concorrenziali con le altre economie mondiali.
Wall Street perde ben 767,27 punti base (25.717,74) pari al -2,9%, sul Dow Jones, in una sola seduta. Perdite che si sommano a quelle dei giorni scorsi, che hanno portato il Dow Jones da oltre 27 mila punti a 25.600 punti nel punto più basso toccato ieri.
Malissimo anche il Nasdaq 100 che chiude in perdita del 3,6% a 7.415,69 punti (-277,11), recuperando qualcosa sul finale di giornata.
Perdite gravi anche per l’indice S&P 500 pari al 2,98%, l’indice era già tornato sotto i 3 mila punti la settimana scorsa e ora va sotto i 2.900 a 2.844,74 punti (87,31 in una sola giornata).
Fa peggio ancora l’indice S&P 100, che chiude a 3,06% a quota 1.256,99 punti base (39,66).
Perdite significative anche per gli indici Russell, il Russell 2000 chiude a 1.487,41 punti (-46,25) cedendo il 3,02%.
I titoli che subiscono le maggiori perdite sono nei settori dell’energia, dell’IT e finanziario. Apple perde oltre il 5%, Visa quasi il 5%, IBM cede il quattro e mezzo percento.
La svalutazione del renmimbi (yuan) è la risposta della Cina alle provocazioni e intimidazioni di Trump, che nei giorni scorsi aveva minacciato il governo cinese di aggiungere ulteriori 300 miliardi di dazi sui prodotti importati dal paese asiatico, a partire dal mese di settembre.
Ma la svalutazione dello yuan non è l’unica misura volta a danneggiare gli USA, la Cina sta imponendo anche il blocco alle importazioni di prodotti agricoli statunitensi alle compagnie statali cinesi. Una misura volta a ledere significativamente l’economia USA.
Non solo Wall Street, ma anche le borse europee hanno ceduto terreno con Parigi a -2,1%, Londra -2%, Francoforte -1,8%, Madrid -1,3% e il FTSE MIB al -1,3% come l’IBEX 35 spagnolo.
Le borse asiatiche non sono andate certamente meglio, Tokyo ha perso l’1,74%, Shanghai l’1,1%, Shenzhen l’1%, Hong Kong il 2,8% e Seul il 2,5%.
Perdite consistenti, che dipingono lo scenario nel quale ci si potrebbe trovare se la guerra commerciale USA – Cina dovesse diventare totale. Totale nel senso di un inasprimento continuo dei dazi, e di risposte a suon di svalutazioni delle valute.
Per l’economia globale che stenta a riprendersi, potrebbe significare il colpo di grazia a ogni tentativo di ripresa da qui ai prossimi anni.
In questa situazione di paura generalizzata e di estrema cautela, vincono i beni rifugio come l’oro e i metalli preziosi. Vincono le criptovalute, su tutte il bitcoin che torna a crescere.
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.