La lira turca naviga in acque tempestose, e la ricetta di Erdogan non piace affatto ai mercati e così arriva l’avvertimento di Standard & Poor's.
Caro Recep Tayyip Erdogan ti scrivo per avvertirti che così non va, la decisione di licenziare il governatore della Banca centrale turca, Naci Agbal, “evidenziano ancora una volta la limitata indipendenza operativa della CBRT e la scarsa prevedibilità della politica economica”, ha scritto l’agenzia di Rating Standard & Poor’s.
Un avvertimento quello di S&P che è più di un campanello di allarme, perché la bilancia dei pagamenti resta debole e le riserve valutarie sono addirittura “vicine allo zero”.
Ed infatti lunedì 22 marzo, dopo l’annuncio di venerdì che Erdogan aveva scaricato il terzo governatore negli ultimi due anni, i mercati finanziari non l’hanno presa per nulla bene. Le cose sono andate così male che non solo il prezzo della lira turca è crollato del -17%, ma la Borsa di Istanbul è stata costretta per ben due volte a sospendere le contrattazioni per eccesso di ribasso.
E al momento non è che vada meglio, perché la lira turca perde un ulteriore -7,36% di giornata rispetto al dollaro.
Agbal è rimasto in sella solo quattro mesi e per giunta ai mercati piaceva, perché la sua figura e la sua visione era conosciuta e dava quindi garanzia agli investitori internazionali.
L’aver nominato subito un nuovo banchiere centrale, il professore Sahap Kavcioglu, rappresentante del partito e fedele alla teoria economica di Erdogan, non salverà l’economia della Turchia.
I mercati finanziari sono terrorizzati dalla “teoria economica” di Erdogan, secondo il quale la politica monetaria del suo paese deve abbassare i tassi di interesse per abbassare l’inflazione e non il contrario.
La crescita della Turchia, secondo Erdogan, avverrà con una lira turca a buon mercato.
Ed infatti il governatore Agbal è stato silurato dopo aver deciso un ulteriore innalzamento dei tassi di interesse per controbilanciare una inflazione che viaggia al 15% in Turchia.
Oltre S&P, anche i mercati finanziari sono preoccupati dell’indipendenza della CBRT e a stento sono bastate le rassicurazioni del ministro delle Finanze, Lutfi Elvan, sul mantenimento da parte della Turchia del regime di libero scambio.
Il rischio viene visto ormai come sistemico, non più legato alla sola valuta nazionale, ed ecco che anche i titoli quotati alla Borsa di Istanbul perdono il loro valore in maniera significativa: -10%.
La Turchia è una bomba economica attiva già dal 2018, e se fino ad oggi ha saputo resistere, dopo la desolazione lasciata dalla pandemia le cose potrebbero mettersi molto male.
La fuga dei capitali è in corso da tempo dal paese, i cittadini utilizzano anche vie meno convenzionali come le criptovalute per conservare o far recuperare valore alle proprie finanze colpite da una inflazione elevata e da una politica economica e monetaria che brancola nel buio, affidata come è ai fedeli al partito e non ai migliori.
Al momento la lira turca contro l’euro viene scambiata a 9,32 (TRY), ma venerdì scorso si è verificato un balzo da 8,59 a 9,87 che ha portato la valuta turca ai massimi storici.
Ad un anno la coppia EUR/TRY va registrare un +33,89%, mentre la coppia USD/TRY registra nel medesimo periodo un +17,81%.
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.