Cos’è il land grabbing e perché la pratica molto spesso illegale impatta negativamente sull’economia e sugli investimenti etici ed ESG.
Il land grabbing, ovvero la pratica dell’accaparrarsi all’estero le terre di altre nazioni per soddisfare la domanda interna crescente di prodotti agricoli in particolare. Una pratica che da un lato viene spinta dall’impoverimento dei terreni in patria, dall’altra dall’enorme cementificazione dei terreni nazionali o semplicemente dall’abbandono da parte delle nuove generazioni dell’attività agricola interna.
La necessità di soddisfare la domanda alimentare però resta e così si ricorre al land grabbing sottraendo ad agricoltori e allevatori di paesi in via di sviluppo terre che sono generalmente gestite secondo usanze locali tradizionali e non legate ad un contratto legale e scritto.
Il land grabbing, in definitiva, è una pratica favorita dalla corruzione di politici locali, dall’assenza di un corpus normativo che tutela gli agricoltori locali.
Il land grabbing non si può considerare un problema in capo alle autorità nazionali e internazionali coinvolte nel processo o alla sensibilità delle associazioni umanitarie.
Il problema del land grabbing impatta sugli investitori etici e su quanti sono interessati ai prodotti finanziari classificati come ESG (Environmental, social and corporate governance).
In particolare il land grabbing impatta in gran parte l’aspetto Social, ci spiega un approfondito articolo sul tema del Financialounge, poiché i diritti umani sono calpestati e vengono disattesi gli obiettivi di Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite:
Spesso non solo gli agricoltori locali vengono privati delle loro terre, ma l’intera comunità locale che viveva quel territorio da secoli viene costretto a spostarsi, o forzatamente delocalizzato.
Ma il fenomeno, esploso tra il 2007 e il 2008, impatta anche l’aspetto ambientale perché l’agricoltura prima sostenibile, volta a soddisfare la domanda puramente locale, si trasforma in agricoltura industriale e intensiva con grande impiego di acqua e tecniche che alla fine possono anche impoverire il terreno.
La pratica del land grabbing viene praticata direttamente dagli Stati che necessitano di terreni per sfamare le proprie popolazioni o da grandi multinazionali di paesi comunque occidentali a caccia di vasti territori dove praticare la coltivazione industriale su vasta scala a prezzi stracciati (terreni pagati poco, manodopera a costi bassissimi).
La Cina è uno dei maggiori paesi al mondo a praticare il land grabbing di Stato attraverso le sue società agricole direttamente controllate.
Ma anche le nazioni della nostra Unione Europea praticano questa discutibile appropriazione di terreni agricoli stranieri, e lo fanno in particolare nell’Est europeo. I motivi sono pratici in questo caso, l’Est Europa è collegato via terra e riduce distanze e costi di trasporto.
L’Africa è il continente dove più di tutti si pratica il land grabbing. La mancanza di norme, la mancanza di un governo capace di attenzione nei confronti della propria popolazione e più spesso rivolto alle opportunità di arricchirsi a discapito dei diritti umani, sono tra i fattori che favoriscono il fenomeno.
Non secondario, l’esproprio illegale delle terre alimenta il fenomeno delle migrazioni che spinge lungo il confine sud dell’Ue.
Il Brasile nel 2010 si è dotata di una legge che limita il fenomeno, ma quanto avviene in Amazzonia è sotto gli occhi di tutti, investitori etici compresi.
Prima di investire in multinazionali agricole, prima di investire in prodotti etichettati come ESG che incorporano titoli di società attive nel settore agricolo, sarà bene informarsi se tali imprese operano davvero in conformità con la Dichiarazione universale dei diritti umani, se praticano effettivamente una agricoltura ecosostenibile.
Non sempre, infatti, un veicolo di investimento etichettato come ESG è realmente tale.
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.