Il mese di settembre sta per chiudersi ospitando molti interrogativi sulla criptovaluta più famosa al mondo. Se è vero che da più parti si è registrato
Il mese di settembre sta per chiudersi ospitando molti interrogativi sulla criptovaluta più famosa al mondo.
Se è vero che da più parti si è registrato dissenso e numerose critiche, è anche vero che la valuta inventata da Satoshi Nakamoto potrebbe beneficiare di eventi favorevoli che contrasterebbero il volano di negatività profuso a più riprese da Governi e alcune banche d’affari.
In primo luogo appare utile partire da una considerazione compiuta dal Presidente della Banca Centrale, Mario Draghi, in risposta a una domanda posta da uno studente del Trinity College di Dublino.
In occasione dello Youth Dialogue, un format che permette a studenti universitari di interrogare il Presidente su temi relativi a Francoforte, il detto studente aveva interesse a sapere se, secondo Draghi, la blockchain avesse un futuro nella politica monetaria della BCE.
Domanda interessante, opportunità di una risposta ancora più interessante.
Il Presidente ha così risposto: “Noi in BCE stiamo seguendo questa evoluzione. Questa tecnologia in questo momento non è ancora matura per poter essere considerata nelle politiche monetarie della BCE o come sistema di pagamento. Dobbiamo però seguirne l’evoluzione futura”.
La peculiarità che si cela nella cauta risposta sta nella mancanza di un diktat.
Non è presente una manifestazione di una rigida volontà negazionista a prescindere, piuttosto si considera l’evoluzione della tecnologia (fine arte retorica presidenziale) senza escludere un coinvolgimento europeo in futuro.
Un segnale di apertura, almeno in ottica uditoria.
Se Draghi si è manifestato attendista ma non pessimista sul mondo criptovaloriale, non può non scorgersi un netto contrasto con quanto a più volte filtrato oltreoceano, con la Sec in primis sugli scudi.
Ipotizzando in estrema ipotesi un futuro europeo per le valute alternative, si comprende come la prima a beneficiare di tale impulso sarebbe proprio la principale, ovvero il Bitcoin.
Da un ambito comunitario meramente ipotetico è bene focalizzare l’attenzione su più elementi dal carattere concreto.
È noto come in Venezuela sia in atto una vera e propria rivolta pro Bitcoin.
Qui, a causa della difficile situazione socioeconomica, con l’inflazione alle stelle, risulta difficile gestire un qualunque flusso economico, anche ricordando come il cambio tra bolivar e dollaro si attesti 20.000/1.
A causa di questo fenomeno, l’utilizzo del Bitcoin ha trovato terreno fecondo anche per l’indipendenza della criptovaluta dal mercato nero di bolivares, la cui utilità è tutta nel costituire una piattaforma di cambio fisso per le imprese.
Parafrasando Daniel Osorio, Ceo di Andrean Capital Management: “Possiamo essere testimoni della prima Bitcoinizzazione di uno Stato sovrano”.
È vero, il Venezuela versa in una situazione alquanto complicata, ma è vero pure che l’utilizzo massivo di una criptovaluta in uno Stato sovrano deve far riflettere sull’espansione del fenomeno Bitcoin e sull’estensione capillare delle transazioni operate a tutti i livelli.
Il Venezuela non è l’unico Paese la cui super inflazione abbia indotto i propri abitanti a usare la valuta digitale: è in compagnia dello Zimbabwe.
Anche qui salta subito all’occhio l’iperinflazione per la quale non sia più possibile stampare moneta (dal 2009), quindi il corso legale valutario è spostato sul dollaro o sul rand sudafricano.
Dal momento che il Governo ha interrotto i flussi monetari dentro e fuori da Harare, la corsa alla valuta alternativa è diventata di vitale importanza per chi abbia necessità di effettuare transazioni di ogni tipo. Il Bitcoin è anche accettato dagli istituti di credito.
Per quanto una simile realtà sia cogente, appare palese come la diffusione del Bitcoin stia proseguendo anche e soprattutto in tutti quei contesti in cui l’economia sia bloccata o in seria difficoltà.
Dalla capillarità del Bitcoin, non può non sottolinearsi un altro tipo di contingenza: Stripe, colosso del money transfer e concorrente primario di Paypal, ha aperto al Bitcoin.
Non un’apertura completa certo, in primo luogo perché ha riferimento solamente i fruitori a stelle e strisce; in secondo luogo, perché non permette di beneficiare di un sistema automatizzato in quanto non è consentito agli utenti di avere un proprio portafoglio in cui immettere liquidità virtuale in valuta alternativa. In ultima analisi, non è presente un cambio automatico tra Bitcoin e altre valute.
Quel che rileva qui è che una siffatta strategia di Stripe, volta ad accrescere il proprio bacino d’utenza, potrebbe, nel lungo periodo, portare anche Paypal a offrire la criptovaluta tra le opzioni.
Anche qui siamo nel campo delle ipotesi, ma non così remote come sembrano.
Da questa panoramica di eventi e avvenimenti è possibile evincere come l’universo criptovaloriale di Nakamoto non sia così debole come descritto in tempi non sospetti.
La diffusione del Bitcoin, specie in Stati dittatoriali, dove l’utilizzo non abbia matrice criminosa ma necessitata, rende il fenomeno alquanto modulare e il fatto stesso che più operatori scelgano di introdurre la valuta digitale è sinonimo di futuribilità.
Una grande risposta alla domanda sull’evoluzione del Bitcoin si avrà quando Cina e Russia prenderanno una posizione netta in un senso o nell’altro.
Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.