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Africa, la scarsità dell’USD sta favorendo il Bitcoin?

Da:
Fabio Carbone
Pubblicato: Jun 8, 2020, 07:19 GMT+00:00

In Africa, la scarsità dell’USD favorisce il Bitcoin. Accade in Nigeria in particolare e in altre nazioni del continente: nuovo sistema economico cercasi?

usd

In questo articolo:

Cosa succede in Africa al dollaro USD, la valuta più usata per commerciare tutti i giorni al tempo del nuovo coronavirus? Accade una cosa semplice, il dollaro USA è diventato scarso nonostante l’immissione di nuove e massicce quantità di dollaro nel sistema da parte della FED.

Nel mese di marzo la FED ha dovuto attivare ben 16 linee di swap in valuta con altrettante banche centrali per garantire che vi fosse una maggiore e più costante circolazione del dollaro in queste nazioni. L’USD resta, infatti, la valuta di riferimento a livello internazionale e in molti Paesi dove le condizioni economiche hanno svalutato drasticamente la valuta nazionale, il dollaro statunitense ha sostituito quasi completamente quelle nazionali.

Ne deriva quindi una enorme scarsità, che Coindesk ha definito “real USD crisis”. Il dollaro “salva crisi” nazionali da solo non basta più a soddisfare le necessità delle nazioni in difficoltà, ed ecco allora che entrano in gioco le criptovalute come il bitcoin.

Il bitcoin in Africa in crescita esponenziale

Se prendiamo come riferimento l’Africa sub-Sahariana, e quindi Nigeria, Sud Africa, Kenya, e così via, possiamo notare una crescita nei volumi d’uso del bitcoin eccezionale.

Verso la fine di marzo 2020 i volumi di acquisto e di vendita del bitcoin su LocalBitcoin e Paxful combinati, ha raggiunto i 14 milioni di dollari, contro una media degli anni precedenti intorno ai 6-7 milioni di dollari di controvalore (fonte dati Useful Tulips).

Numeri che dalla nostra prospettiva potrebbero sembrare irrisori, ma i dati non vanno letti nell’ottica del pensiero e della vita da occidentali: il tenore di vita in Africa non è certo il nostro.

La Nigeria guida il mercato

A guidare il mercato in modo preponderante è la Nigeria, dove la crisi del petrolio dei mesi scorsi e la difficoltà di reperire sul mercato forex dollaro statunitense, hanno creato una condizione di criticità che ha spinto una parte della popolazione verso il bitcoin.

Non è mass adoption, è principalmente una “maledetta” esigenza di continuare a fare business con una moneta che abbia valore e che si possa usare a livello internazionale.

Del resto, però, è proprio attraverso l’esigenza di trovare nuove soluzioni che si scoprono nuove strade poi percorse da numerosissime persone.

Il microtasking aiuta a sopravvivere

Si tenga conto anche di un altro aspetto permesso dalle criptovalute, il microtasking di piccole attività basate su qualche clic da fare online che al termine danno il diritto a micro-ricompense.

Le micro-ricompense sono in bitcoin e nell’ordine di alcuni satoshi. In un contesto come quello occidentale tali attività al termine del mese non permetterebbero di avere nel wallet quantità di bitcoin accettabili per vivere. Ma in Africa e nelle nazioni in via di sviluppo, dove manca tutto e vivere costa davvero poco, anche 200mila satoshi (0.002 BTC = circa 17 euro) al mese possono fare la differenza tra la vita e la morte.

Ecco che una attività così insignificante come il microtasking favorisce l’uso e quindi la diffusione delle criptovalute e propone alle nazioni che provano ad emergere, o già solo a vivere in un mondo di sfruttamento, la loro via di riscatto.

Sì, ha ragione Michael J. Casey di Coindesk, serve un nuovo sistema ma non solo per gli USA.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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