Il prezzo del ferro sale ai massimi storici per tonnellata. Tutte le materie prime fanno pressione sulla supply chain, le opportunità.
Prosegue il rally dei prezzi delle materie prime come da un po’ di tempo a questa parte stiamo segnalando. Dopo la salita del rame, che non appare conclusa, è la volta del ferro che alla Borsa di Singapore (SGX) ha fatto registrare un massimo storico a 226,55 USD la tonnellata questo lunedì 10 maggio.
In particolare il prezzo riguarda il future del ferro del mese di giugno 2021, mentre il prezzo del future di luglio è lievemente più basso al momento, ma ha raggiunto un massimo ancora più alto a 230 USD. In media l’impennata si aggira tra il +8% e il +10%.
Ciò ci indica che nei prossimi due mesi almeno, ci si attende una ulteriore impennata dei prezzi delle materie prime.
La repentina riapertura delle economie nazionali ha attivato una domanda molto alta che in parte era stata repressa dalle chiusure. Sulla catena di fornitura dei metalli si è così riversata una richiesta di rame, ferro, e di tanti altri metalli che non può essere soddisfatta dall’industria nel breve tempo.
La catena di fornitura è quindi in affanno e da qui l’aumento dei prezzi. E si spera che non si crei un vero e proprio blocco, perché potrebbe creare una impennata dei prezzi del ferro e delle materie prime senza precedenti.
Se ciò potrebbe accadere? Come fa notare l’analista di materie prime, Vivek Dhar, a Bloomberg, e riportato da Teleborsa, il settore è molto caldo al momento e c’è una forte domanda di acciaio cinese che ci si domanda quando si attenuerà, perché “l’offerta non è ancora in grado di soddisfare quella forte domanda”.
E se poi la richiesta di ferro di altri Paesi, oltre la Cina, si dovesse risvegliare con prepotenza, allora la domanda di acciaio a livello globale potrebbe diventare così elevata da creare ulteriore pressione sulla supply chain.
Per gli investitori sulle materie prime queste informazioni sono una utile indicazione di come stanno le cose. Per loro si apre un momento interessante che potrebbe fruttare ritorni cospicui. Bisogna domandarsi per quanto, però, questo stato delle cose durerà, così da essere pronti a vendere quando l’offerta tornerà adeguata e di conseguenza i prezzi scenderanno.
Il tutto dipende da un insieme di fattori. Anzitutto si tenga presente che le grandi economie come gli Stati Uniti hanno approvato un mega piano di investimento nelle infrastrutture che ammodernerà tutto: strade, ferrovie, aeroporti, servizi idrici delle città. L’Europa ha bisogno di fare lo stesso attraverso il Next Generation EU.
Certamente questi piani sono talmente mastodontici che richiederanno anni per essere implementati, e in Europa si notano le pachidermiche lentezze: chissà se vedremo almeno i primi fondi per la seconda metà del 2021.
Nel frattempo l’offerta potrebbe essersi adeguata ed essere pronta a soddisfare tutte le richieste. Bisognerà, quindi, seguire con attenzione l’evoluzione per capire il momento giusto per entrare ed uscire.
Tuttavia si tenga presente che la dinamica dei prezzi del ferro e delle altre materie prime potrebbe vivere un doppio, chiamiamolo “effetto”.
Il primo di breve periodo a cui stiamo assistendo e che farà elevare di non poco l’inflazione. Il secondo effetto lo vedremo manifestarsi nel corso del decennio, perché la richiesta di metalli resterà alta per quanto scritto sopra, ma anche per soddisfare la digitalizzazione e la transizione energetica.
Molto interessante da questo punto di vista, l’analisi su metalli rari che abbiamo pubblicato di recente.
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.