Cos’è la politica monetaria e perché nessuna economia ne può fare a meno? Davvero la sopravvivenza dei sistemi economici dipende da essa?
Uno dei concetti economici cardine su cui si basano le economie mondiali è la politica monetaria, il cui obiettivo è influenzare il costo e la disponibilità del denaro nell’economia.
Le banche centrali sono gli istituti economici preposti a tale scopo e solitamente sono indipendenti rispetto agli altri poteri nazionali, ma questo si verifica principalmente nelle economie democratiche.
Le banche centrali di tutto il mondo hanno una politica monetaria propria, ma essenzialmente tutte agiscono sui tassi di interesse per elevare o diminuire il costo del denaro. Nei periodi di forte crisi economica, e cioè quando i prestiti alle famiglie e alle imprese calano in modo preoccupante, le banche centrali adottano azioni di politica monetaria non convenzionali al fine di sostenere i consumi e il ripristino dei livelli occupazionali.
Volendo dare una definizione di politica monetaria, possiamo dire che essa è l’insieme di scelte relative all’offerta di moneta e al tasso di interesse.
Come scritto in apertura, la politica monetaria è responsabilità della banca centrale, la quale si occupa di stampare base monetaria e di fissare il tasso di interesse di riferimento.
Le banche centrali aumentano o diminuiscono l’offerta di moneta per stimolare l’economia e favorirne la crescita del prodotto aggregato nel breve periodo.
Inoltre tra gli obiettivi troviamo:
Non tutte le banche centrali utilizzano le stesse metodologie come accennato in precedenza.
Il Federal Reserve System (Fed) statunitense, ad esempio, effettua interventi diretti sul mercato monetario per la fissazione del tasso di interesse.
La Banca centrale europea (Bce), invece, per determinare il tasso di interesse interviene nel mercato ogni volta che tale valore rischia di andare al di fuori di una fascia prefissata.
Tra i metodi più comuni per controllare l’offerta di moneta, quindi, vi è l’intervento con operazioni di mercato aperto, cioè acquistando o vendendo titoli dal mercato per cedere moneta.
Fino agli anni ‘70 dello scorso secolo, la politica monetaria e quella fiscale erano strettamente legate, infatti, per finanziare la spesa pubblica si usava stampare nuova base monetaria.
Questo meccanismo, però, generava vorticosi innalzamenti dell’inflazione che portava a periodi di superinflazione.
Così dagli anni 1970 in poi si è affermato un sistema più indipendente, poi rafforzato negli anni 1990 ed a inizio millennio quando si è deciso unanimemente di applicare un modello detto inflation targeting o target dell’inflazione.
Fissando un obiettivo per l’inflazione, le banche centrali hanno stabilito un livello di inflazione da non superare.
Con la crisi finanziaria del 2007 e del 2008, poi, si è passati ad una politica monetaria non convenzionale. Serviva immettere prestiti di ultima istanza nel sistema bancario poiché le banche si erano trovate (incredibilmente) a corto di liquidità.
Tuttavia questo ruolo di prestatore di ultima istanza da parte delle banche centrali ha creato un problema di “azzardo morale da parte degli intermediari creditizi”, essi dovevano garantire il credito alle imprese e alle famiglie ed invece lo hanno usato per altri scopi volti ad accrescere le loro disponibilità.
In questi anni il ruolo della politica monetaria è oggetto di molte discussioni da parte degli economisti. La discussione principale riguarda l’opportunità di affidare all’autorità monetaria anche il ruolo di vigilanza sulla stabilità finanziaria del sistema economico.
Ma è in atto anche una ridefinizione dell’inflation targeting, fino ad ora impostato da molte banche centrali come prossimo al 2% ma inferiore. Il Fed, tuttavia, ha deciso di cambiare e di consentire all’inflazione di salire anche sopra il 2% nel breve periodo, applicando quindi una regola meno rigida e maggiore flessibilità.
Le eccezionali crisi, finanziaria del 2007 – 2008 e del debito sovrano 2011-2012, di inizio millennio hanno messo in luce la grande fragilità su cui si basa una economia globale che vive sopra le sue possibilità reali.
Per evitare crisi sistemiche che avrebbero distrutto il mondo (non solo economico) come lo abbiamo costruito, ecco che le banche centrali mondiali sono intervenute con un insieme di politiche urgenti definita politica monetaria non convenzionale.
In precedenza le politiche monetarie si basavano sulle regole di Taylor, secondo le quali una banca centrale varia il tasso di interesse nominale in risposta ai movimenti del tasso di inflazione e del Pil, rispetto ad un target inflazionistico preventivamente stabilito.
Con le nuove crisi è “saltato il banco” e l’adozione dei criteri tradizionali è stata superata delle politiche monetarie non convenzionali.
In particolare bisognava fermare la crisi di liquidità delle banche, pena il rischio dell’insolvenza. Una situazione che avrebbe potuto condurre al crash del sistema bancario e alla perdita dei fondi dei clienti.
Nasce in questo contesto il “bazooka” della nuova politica monetaria, il noto alleggerimento quantitativo (o quantitative easing).
Grazie al nuovo strumento le banche centrali hanno immesso nel mercato massicce quantità di liquidità attraverso operazioni di acquisto di titoli di Stato sul mercato aperto, generando come effetto voluto l’abbassamento dei tassi di interesse.
Successivamente sono stati ammessi come asset in garanzia anche altri beni per i prestiti richiesti dalle banche private.
Anche per affrontare le devastanti conseguenze economiche create dalla pandemia le banche centrali hanno adottato l’allentamento quantitativo. La Bce è arrivata a comprare fino a 120 miliardi di titoli al mese comprendendo anche specifiche obbligazioni private.
Anche la Banca d’Italia ha un suo ruolo nella politica monetaria nell’area dell’euro, grazie alla partecipazione del governatore della nostra banca centrale nazionale al Consiglio direttivo della BCE.
Il governatore della Banca d’Italia contribuisce alle decisioni di politica monetaria grazie anche all’attività preparatoria sviluppata dai comitati e dai gruppi di lavoro dell’Eurosistema, a cui partecipano i rappresentanti dell’Istituto.
Alla Banca d’Italia spetta il ruolo di applicare sul territorio nazionale le scelte di politica monetaria decise in seno alla BCE, ovvero usando gli strumenti finanziari, regole e procedure definite dall’Eurosistema con le banche attive in Italia.
Le banche centrali svolgono anche altri compiti, come ad esempio la gestione della liquidità in eccesso.
La liquidità in eccesso è quel denaro eccedente presente nel sistema bancario, ovvero superiore al fabbisogno reale delle banche.
Avviene quindi che la liquidità in eccesso rimane “per definizione” in deposito presso la banca centrale e quando una banca decide di ridurre la quantità di liquidità in eccesso che possiede, deve: prestarla ad altre banche; acquistare attività; effettuare trasferimenti di fondi per conto di un proprio cliente.
In sostanza la liquidità passa sempre da una banca commerciale ad un’altra banca commerciale, ma finisce sempre per essere depositata presso la banca centrale.
Le regole di politica monetaria potrebbero essere ancora una volta messe in discussione dai cambiamenti socio-economici in atto nelle economie locali e globali. La pandemia gioca un ruolo rilevante in questo cambiamento, ma non solo.
Si guardi agli studi in corso sulla valuta digitale della banca centrale (CBDC), questo decennio ha ancora molto da raccontare all’investitore. Nel frattempo inizia col fare trading nei mercati.
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.